venerdì 9 novembre 2018

Fatturazione elettronica e Reverse Charge: limiti e criticità

Tra le criticità che operativamente emergono nella gestione della fatturazione elettronica che, ricordiamo, sarà obbligatoria in tutte le operazioni B2B e B2C dal 01/01/2019, vi è quella della gestione delle c.d. operazioni in reverse charge.

Trattasi di tutte quelle ipotesi in cui l’imposta è applicata da parte del cessionario/committente sulle operazioni territorialmente rilevanti in Italia ma ricevute da un soggetto non residente; in questo caso, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, D.P.R. 633/1972, il cessionario/committente deve applicare il meccanismo dell'inversione contabile integrano (se cessione Intra UE) o emettere auto fattura (cessione Extra UE) per l'operazione soggetta.

Premettiamo che le operazioni intervenute con una controparte non residente né stabilita ai fini Iva in Italia sono escluse dall’obbligo di emissione della fattura elettronica, fermo restando l’obbligo di inclusione delle stesse nella comunicazione mensile detta “esterometro”.

Sostanzialmente ad oggi, quindi, le operazioni di inversione contabile saranno gestite ancora con documenti cartacei.

E per le operazioni in reverse charge tra soggetti residenti?

La problematica "tecnica" di non poca importanza risiede invece in tutte quelle operazioni in reverse charge tra soggetti residenti e stabiliti in Italia. 
Parliamo, ad esempio, delle fatture ricevute per servizi di pulizia,sub appalto, manutenzione edifici,ecc.
In questo caso l'integrazione della fattura non potrebbe che avvenire in modo cartaceo non essendo il documento ricevuto dal fornitore tramite SdI modificabile; ma in questo caso la "tracciabilità" garantita dal SdI o dall'esterometro verrebbe a mancare per una serie di operazioni.

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