martedì 24 maggio 2016

Contratto a termine per attività stagionali: Interpello MLPS 15/2016


Con Interpello n. 15 del 20/05/2016 il Ministero del Lavoro fornisce chiarimenti in merito alle disposizioni normative per i rapporti a tempo determinato ex D.Lgs 81/2015.


Le risposte vengono fornite in merito a tre quesiti:



  1. la non applicazione del regime degli intervalli tra un contratto a tempo determinato e la stipulazione del successivo, nelle ipotesi in cui si tratti “di lavoratori impiegati nelle attività stagionali individuate con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, nonché nelle ipotesi individuate dai contratti collettivi”
  2. la non applicazione del limite dei 36 mesi e dei limiti quantitativi di ricorso al contratto a tempo determinato nelle ipotesi di svolgimento di attività stagionali ex art. 21, comma 2.
  3. la non computabilità dei periodi di lavoro prestati per lo svolgimento delle attività stagionali ai fini della determinazione del limite di durata massima del termine di 36 mesi o dell’eventuale diverso termine già fissato dai contratti collettivi ai sensi delle disposizioni di cui all’art. 5, comma 4 bis, del D.Lgs. n. 368/2001. 

Il Ministero fornisce le risposte ai quesiti di cui sopra in riferimento al dettato normativo ex D.Lgs 81/2015 che sostanzialmente riconferma le previgenti disposizioni ex art. 5 D.Lgs 368/2001.

In particolare

 La diposizione di cui all’art. 5, comma 3, stabiliva infatti che risultavano esclusi dall’applicazione del regime degli intervalli i “lavoratori impiegati nelle attività stagionali di cui al comma 4-ter, nonché in relazione alle ipotesi individuate dai contratti collettivi, anche aziendali, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”.

 Il comma 4 ter, a sua volta, escludeva l’applicazione del limite massimo dei 36 mesi per i lavoratori a tempo determinato impiegati nell’ambito “delle attività stagionali, definite dal D.P.R. 1525/1963, e successive modifiche e integrazioni, nonché di quelle che saranno individuate dagli avvisi comuni e dai contratti collettivi nazionali stipulati dalle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative”.


Sulla base di quanto in premessa il Legislatore fornisce le seguenti risposte ai tre quesiti:

Risposta quesito 1)
Ciò premesso, a fronte dell’illustrato quadro regolatorio, si evidenzia come il Legislatore del 2015 abbia previsto, all’art. 21, comma 2, che il regime degli intervalli non trova applicazione “nei confronti dei lavoratori impiegati nelle attività stagionali individuate con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, nonché nelle ipotesi individuate dai contratti collettivi”, salva l’applicazione delle disposizioni del D.P.R. n. 1525/1963 nelle more dell’adozione del decreto ministeriale.


Risposta quesito 2)
in base alla formulazione letterale dell’art. 19, comma 2, del D.Lgs. n. 81/2015 appare corretto ritenere che i contratti a termine conclusi per lo svolgimento di attività stagionali costituiscano una eccezione al limite di durata massima stabilito ex lege o, in alternativa, dalla contrattazione collettiva. Ne consegue, quindi, che eventuali periodi di lavoro caratterizzati da stagionalità non concorrono alla determinazione del limite di durata massima di cui all’art. 19, comma 1, che opera invece per i contratti a termine stipulati per lo svolgimento di attività non aventi carattere stagionale.

Risposta quesito 3)
 la disciplina contenuta nell’art. 2 del D.Lgs. n. 368/2001 introduca limiti percentuali ulteriori rispetto a quelli previsti in via generale, evidentemente giustificati dalla specificità del settore e dalle esigenze ad esso connesse; del resto in tal senso depone la stessa rubrica della disposizione (“Disciplina aggiuntiva per il trasporto aereo ed i servizi aereoportuali”). Tale considerazione, va ribadita altresì nel contesto del Decreto 81/2015, laddove proprio la prevista abrogazione “differita” della norma speciale, conferma l’interpretazione secondo cui la stessa disciplina ipotesi aggiuntive rispetto a quelle regolate in via generale dall’art. 23, comma 1 del Decreto. 

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